DECIMA MAS: LEGGENDA DELLA RSI
IL CALVARIO DEL «BEL BATTAGLIONE»
PER GORIZIA Battaglione "Sagittario"
Bruno De Padova
- Dopo il cimento nel Piemonte l'ardimento del
«Sagittario» contribuì a suggellare nella Selva di Tarnova
(inverno 1944-45) la libertà delle genti friulane.
Gorizia, la Santa Gorizia
della «Grande Guerra» (1914-18) redenta dai Fanti italiani
della III Armata nello sviluppo della VI battaglia dell'Isonzo il 9 agosto
1916 con il vessillo tricolore issato dal S. Ten. A. Baruzzi sulla stazione
centrale, la Città Martire del Friuli orientale nel 2o conflitto
mondiale (1939-45) abbandonata col tradimento e la resa incondizionata
del re, di Badoglio e di generali massoni dello Stato Maggiore l'8 settembre
1943 a patire ogni conseguenza del dissolvimento del Regio Esercito per
l'intervento della Wehrmacht germanica sulla nostra Penisola onde frenare
nel Bacino mediterraneo e nei Balcani la pressione militare delle Forze
USA, inglesi e di bande slave contro il cuore della nuova Europa, ha ospitato
di recente il raduno dei Combattenti della X Flottiglia Mas svoltosi -
come negli anni precedenti - per confermare mediante la celebrazione della
ricorrenza dei fatti d'arme verificatisi durante l'inverno 1944-45 nella
Selva di Tarnova e dintorni l'alto valore del compito assolto da tutte
le FF.AA. della Repubblica Sociale Italiana a tutela dell'identità
italica delle terre friulane, giuliane e dalmate.
La metamorfosi introdotta
dal maresciallo Graziani nell'istituzione delle FF.AA. repubblicane riuscì
allora, nonostante la drammaticità della situazione italiana, a
concretizzare il ritorno dei Soldati in «grigioverde» sui fronti
contro il nemico anglo-statunitense. Quindi, in contemporaneità
all'arruolamento di nuove classi di leva (1923-1924-1925), al riassorbimento
dei veterani e all'impiego di giovani senza remore per inquadrarli nelle
Grandi Unità del nascente Esercito (le Divisioni Italia di bersaglieri,
Littorio di granatieri, San Marco di fanti della Marina e Monterosa di
alpini vennero addestrate in Germania, ad Heuberg, Muensingen, Feldstette
e Grafenwoehr) la X Flottiglia Mas accoglieva a La Spezia - prima nella
Caserma di Muggiano e poi in quella di S. Bartolomeo - l'afflusso imponente
di volontari di ogni età, decisi di condurre a fianco della Medaglia
d'Oro J. V. Borghese e con la Bandiera tricolore la più coraggiosa
battaglia per l'Onore della Patria.
ALL'ATENEO DI EROISMO
La leggenda eroica della Decima
era stupendamente emersa dai flutti del Mediterraneo insieme al valore
dimostrato dai suoi uomini nell'impiego dei mezzi d'assalto della Marina
da guerra (i famosi «maiali»!) contro le potenti navi da battaglia
delle Flotte nemiche, occultate invano nelle Basi munitissime di Malta,
Suda, Alessandria, Algeri, Gibilterra ecc., avendo essi affondate o rese
inservibili cinque corazzate o unità di analoga dotazione offensiva
(77.380 tonn.) e 27 navi da trasporto (187.412 tonn.) per totali 264.729
tonnellate, conseguendo ai suoi ardimentosi incursori la decorazione di
26 Medaglie d'Oro al Valore militare (delle quali, dieci alla memoria)
insieme ad uguali onorificenze per gli stendardi della Decima e del sommergibile
Scirè.
Quel fascino della Decima
sugli Italiani si decuplicò il giorno successivo alla fuga della
flotta dalle basi della Regia Marina per consegnarsi al nemico senza combattere
(l'auto-affondamento della Flotta Imperiale Germanica per ordine dell’ammiraglio
tedesco von Reuter nella baia di Scapa Flow nel dicembre 1918 aveva insegnato
nulla in fatto di “coscienza militare” all'amm. badogliano R. De Courten!),
perché - a differenza degli ufficiali fuggiaschi - il comandante
Borghese fece sventolare all'alba del 9 settembre 1943 sul pennone più
visibile del Muggiano il bel Tricolore italico mondato dalla vergogna dello
stemma sabaudo, trasformando l'intera Decima in simbolo d'audacia per l'esaltazione
dei valori della Nazione. La straordinarietà patriottica di tale
rivolta morale per la Causa politica dell'Onore nazionale, intesa come
salvazione della Nazione quale Stato moderno dischiuso dal Fascismo al
perfezionamento etico dell'ordinamento corporativo in quello più
innovatore con la Socializzazione per l'Economia produttrice (ecco il «nuovo
ordine di sviluppo comparato della Civiltà sociale per la Terra
intera»!) maturerà appieno nella coscienza dei Soldati della
RSI allorché Mussolini proiettò con il discorso al Teatro
Lirico di Milano (16 dicembre 1944) la visione mondiale di questo modello
di equilibrio e di pace per le genti di ogni Continente, mentre la sublimazione
italica dei volontari stabiliva al Com.te J. V. Borghese il Momento eccezionale
di incidere sul monumento della Storia autentica quello della gloria della
X Flottiglia Mas, non soltanto per le gesta degli incursori sui mari, ma
anche per l'eroismo dei suoi marò della Divisione Fanteria di Marina
Decima sui fronti di Anzio e Nettuno, delle Alpi occidentali, del Goriziano
e Venezia Giulia sino alla Linea Gotica, in riva al Senio e alla zona di
Comacchio, conclusisi a fine aprile 1945 con lo scioglimento di ogni Reparto,
mai con la resa al nemico.
«MAI MORTI» PER L’ONORE
Quest'atmosfera di virilità
morale maturò con rapidità l'organizzazione di molteplici
battaglioni della Decima come reparti d'impiego sulla terra, unità
militari strutturate con quella capacità di funzionamento che Clausewitz
riconosceva idonea al nuovo genere di strategia operativa, consentendo
al gruppo di volontari «Mai morti!» provenienti da Trieste
e ad altri nuclei di giovani arrivati da tante città diverse di
partecipare alla formazione di quel «Sagittario» che ebbe per
primo comandante il Cap. di Corvetta Beniamino Fumai. Ben presto, anche
il canto della nuova Unità divenne familiare a La Spezia e altrove.
Attestava: «O Sagittario bel battaglione / plotoni pieni di gioventù
cantiamo al vento una canzone /di Fede pura e di Virtù / Siam marinai
sul suolo amico / fedeli sempre al nostro onor / andiamo avanti contro
il nemico distruttore ed invasore/ L'onor, la dignità, l'Italia
riconquisterà /speriamo nell'avvenire che la vittoria ci darà».
La genesi in Liguria, poi il «battesimo del fuoco» nel Canavese
(Piemonte) con i primi Caduti sulla strada per Ribordone, fino al Santuario
di Prascondù, nella salita per Ceresole Reale, in vetta al monte
Soglio e attorno ad Ivrea, quindi il perfezionamento tattico del Reparto
con la successione del Ten. di Vascello Ugo Franchi al suo comando e con
il trasferimento nella Marca trevigiana, inoltre il cimento nel Friuli
contro il IX Korpus di Tito con molti altri Marò sacrificatisi in
trincea e, in conclusione, l'approntamento nell'Alto Vicentino all'ultima
battaglia distinguono la partecipazione del «bel Battaglione»
(come lo definì il Com.te Borghese) all'epopea della Decima quale
Corpo militare di prim'ordine nell'intero schieramento delle FF.AA. della
Repubblica Sociale, ma finora - pur essendo stata edita un'ampia bibliografia
sulle diverse vicende dei decumani - nessuno ha conservato nella penna
un po' d'inchiostro per sottolineare le prove affrontate, sofferte e superate
dal Btg. Sagittario. Eppure, già nelle vallate del Piemonte il primo
elenco di Caduti del «bel Battaglione» attribuiva al S. Ten.
di Vascello Salvatore Becocci, Guardiamarina Maurizio Russo, Serg. A. U.
Mario Mercalli, Secondi Capi Rodolfo Vitali e Vittarelli, marò Vincenzo
Granata, Mario Colleoni, Mario Crivellaro, Giorgio Gasparini, Giorgio Bondanini,
Renzo Zannoni, Francesco Di Lauro, Fulvio Rubieri e ad alcuni Dispersi
la qualità di valorosi Combattenti della RSI.
NEL DIARIO DEI MARÒ
Per ovviare questa penosa
carenza, Gianni Savoini si è fatto promotore cinquant'anni dopo
quelle vicissitudini - della pubblicazione del volume Il bel battaglione
- Diario dei Marò del Sagittario, 1943-45 chiamando al suo approntamento
i camerati che in tale Reparto condivisero l'esperienza della Decima per
l'Italia, affidando il coordinamento a Franco Minelli, la stesura dei testi
per la I e II Compagnia a Luigi Farina, per la III allo scrivente, per
la IV Mortai al già indicato coordinatore, usufruendo inoltre di
materiale e di memorie forniti da Tonino Annuzzi, Vittorio Bonomi, Giovanni
Di Prete, Sigfrido Ghigino, Giovanni Prelli e Benito Vignudelli, tutti
appartenenti all'Unità militare indicata, nonché da parte
di Tullio Ciappi (Btg. N.P.), di Carlo A. Panzarasa e di Stefano Zarini
(Btg. Fulmine), di Sergio Nesi (Com.te Base Est dei Mezzi d'assalto Decima
in Istria), di Teodoro Francesconi (Btg. Bersaglieri Mussolini), degli
storiografi L. Berrafato, P. C. Dominioni, F. Sparacino e M. Viganò
poi amalgamato nella realizzazione elettronica e nell'impaginazione di
Massimo Raniero e di Marcello Lupo per la composizione e la stampa della
C.D.L. EDIZIONI di Casteggio.
Quest'opera è stata
realizzata dai «ragazzi» (oggi veterani!) del Btg. Sagittario
nella conferma di continuità dei Valori e del Credo per cui l'intero
Reparto partecipò alla battaglia per l'Onore della Patria, consente
di comprendere quanto ogni Marò di Fumai e di Franchi ha già
dato con il proprio sacrificio nell'edificazione della Storia, quella che
si imprime senza variazione di stile e mai con il ripudio - specie in ambito
politico - della coerenza alla lotta contro la schiavitù alla plutocrazia
dell'oro e il ritorno al servaggio del marxismo.
E’ la mistica di Enrico Toti
e di Teseo Tesei!
LEGGENDA AL PIAVE
Allorché nell'autunno
1944 il Governo della RSI, mediante Mussolini, Graziani e Borghese, volle
l'intervento della Divisione F.M. Decima nel Friuli e nella Venezia Giulia
per frenare gli intrighi politici del gauleiter F. Reiter nel «Litorale
Adriatico (l'Adriatisches Kuestenland creato dall'okw tedesco dopo il tradimento
di Badoglio) e per impedire al «Fronte di Liberazione» titino
(l'Osvobodilna Fronta) di penetrare col IX Korpus sloveno in territorio
italiano, il Btg. Sagittario venne dislocato sulla sponda sinistra del
fiume Piave, prima a Conegliano Veneto, poi a Pieve e Farra di Soligo ed
a Sernaglia della Battaglia, dove potenziò le forze e l'armamento
per il nuovo impiego bellico. Questa terra, già sconvolta dalla
strage di gente inerme perpetrata dall'aviazione USA il tragico Venerdì
Santo '44 a Treviso con più di mille morti in pochi minuti di bombardamento
orrendo, trafitta ovunque dalle incursioni aeree del nemico, contribuì
con il proprio stoicismo a temprare la volontà del bel Battaglione
per la nuova missione.
Già dopo Caporetto
nel 1917-18, quando la «Grande Guerra» raggiunse il bacino
del Piave ed imperversò con le battaglie d'inverno (dicembre 1917),
del Solstizio (giugno 1918) e di Vittorio Veneto (ottobre 1918) la sana
qualità della Marca sempre ridente ottenne con il suo sacrificio
e con quello dei Fanti italiani l'elezione a «suolo sacro alla Patria»
che l'inno di E.A. Mario esaltò con quell'enfasi poi trasmessa ai
marò del Com.te U. Franchi durante la marcia verso le doline carsiche.
SULLE TRINCEE CON I MORTAI
All'inizio dell’inverno 1944-45
l'incontro della Decima e dei suoi Reparti tra i quali il Sagittario con
Gorizia e la sua gente fu appassionato. Nella città del glottologo
G. Ascoli, che aprì l'Italia allo studio del nesso tra la lingua
e la vita pubblica («la tua loquela ti fa manifesto /di quella nobil
patria natio», DANTE, Inferno, x, 25) e dove il Leone di San Marco
venne scolpito da Giovanni di Campione sull'antico Castello (1509) lo slancio
patriottico dei marò contribuì a consolidare l'azione delle
Autorità militari della RSI contro la «disitalianizzazione»
perseguita da F. Reiter, specie dopo l'aprile precedente, quando il piccolo
re Savoia e Badoglio avevano riconosciuto la «legittimità»
dell'invasione delle bande di J. Broz (Tito) e degli altri slavi nell'Italia
orientale, cioè di ustascia croati (Pavelic), domobranci sloveni
(Rupnik) e di cetnici serbi (Mihajlovic).
Furono anche i «pezzi»
della IV Compagnia Mortai del Sagittario e le altre armi della I e II Compagnia
a negare la concrezione politica di tale assurdità e nelle località
tra la Bainsizza e il Vipacco, a Rainuzza, Casale Nemci, Loqua, Tarnova,
Chiapovano e dintorni caddero con valore il Serg. A.U. Giorgio Agostini,
i marò Rocco Muccino, Luigi De Porti, Mario Furi, Giuseppe Scarabello,
Roberto Mercantini, Quinto Lusenti, Luigi Mirana, Angelo Ratti e Marino
Lucceri. Numerosi anche i feriti. Infatti, con l'operazione Aquila (Adler-Aktion)
la pressione d'inverno del IX Korpus titino si esaurì ed a fianco
dei Btgg. Fulmine, Valanga, N.P., Freccia, Barbarigo e Grp. Art. S. Giorgio,
il Sagittario stroncò prima gli attacchi del DK (Difesa Korpus)
sloveno, poi quelli delle brigate comuniste «S. Kosovel» e
«I. Gradnik».
Ecco, di nuovo l'italianità
di Gorizia è salvata!
SUI PERDENTI LA MATTANZA
Poi, tra l'l e il 2 maggio
'45, calò su Gorizia - per oltre sei settimane - la cupa notte della
«liberazione» da parte del IX Korpus titino e di altre bande
jugoslave, rendendola orribile con l'infoibamento di oltre un migliaio
di persone, con la deportazione di quasi 5000 friulani, con tutto ciò
compiuto dai comunisti come una mattanza collettiva di alta criminalità.
Intanto, nell'Alto Vicentino,
anche il Btg. Sagittario viveva con l'intera Decima e con le altre FF.AA.
di Graziani il tramonto bellico della RSI, quest'ultimo funestato da terribili
persecuzioni sui vinti.
Nel contempo, cadde a Schio
il 29 aprile il T.V. Ugo Franchi e con lui il bel Battaglione perdeva il
Comandante; in precedenza, erano caduti anche il Capo di 1 cl. Pannunzio,
il G.M. Paolo Genuzio, il marò Aldo Terrazzi, il S.T.V. Aldo Meledandri.
Poi, morirono il G.M. Italo Daria e il 2° Capo Ettore Daria. Il sacrificio
dei marò per l'Italia continuava.
Appartiene alla leggenda della
Decima, è la ricchezza della gioventù senza vecchiaia!
TABULA RASA N.3. Maggio 1996. (Indirizzo
e telefono: vedi PERIODICI)